Poesie (1974-1992), Patrizia Cavalli
- Wunderkammer di Chiara
- 7 set 2020
- Tempo di lettura: 3 min
Una selezione delle poesie più belle poesie della parca Patrizia Cavalli.
Le mie poesie non cambieranno il mondo
Eternità e morte insieme mi minacciano:
nessuna delle due conosco,
nessuna delle due conoscerò.
Anche quando sembra che la giornata
sia passata come un’ala di rondine,
come una manciata di polvere
gettata e che non è possibile
raccogliere e la descrizione
il racconto non trovano necessità
né ascolto, c’è sempre una parola
una paroletta da dire
magari per dire
che non c’è niente da dire.
Se di me non parlo
e non mi ascolto
mi succede poi
che mi confondo.
Le note che disegnasti sul mio quaderno
e la chiave di violino e la doppia chiave
e la tripla chiave. Sempre per te
un nuovo quaderno. Di quanti fogli
hai bisogno? Hai intarsiato la mia scrivania
scolpito il mio scaffale; ma ora non più
arcieri in costume da guerra, soltanto
segni distratti. E dovrai raccogliere
con pazienza piccoli minuti perché tu possa
comporre un'ora.
Riderò sparlerò
racconterò bugie.
E domani l'avrò già dimenticato.
Come lentamente salirò le scale
per non giungere troppo presto
a quel sonno che mi rapirà
agli inganni di una giornata
cresciuta per me fra le strade e parole.
E sempre dovrò partire
e fare i bagagli
e permettere al mio poco corpo
una corsa che non gli si addice
e prolungare gli inganni e demente
rincorrere tutte le storie anche quelle
che avrebbero preferito un silenzio.
Ma valorose sono le partenze
anche se un imbarazzo spesso le consuma.
È vero qualche volta
ti assenti quasi ti addormenti:
come un bambino svogliato
che guarda il soffitto
quando viene sgridato.
Due scalini saranno la distanza
perché i miei piedi non calpestino
il vestito e allora due scalini
più tardi arriverò
leggermente in ritardo
a consumare lo spazio
che rimane - ah per le mani
non si sono scusa -
a trasformarle in carezze
le incertezze.
Quante tentazioni attraverso
nel percorso tra la camera
e la cucina, tra la cucina
e il cesso. Una macchia
sul muro, un pezzo di carta
caduto in terra, un bicchiere d’acqua,
un guardar dalla finestra,
ciao alla vicina,
una carezza alla gattina.
Così dimentico sempre
l’idea principale, mi perdo
per strada, mi scompongo
giorno per giorno ed è vano
tentare qualsiasi ritorno.
Il cielo
Per simulare il bruciore del cuore, l’umiliazione dei visceri, per fuggire maledetta e maledicendo, per serbare castità e per piangerla, per escludere la mia bocca dal sapore pericoloso di altre bocche e spingerla insaziata a saziarsi dei veleni del cibo nell’apoteosi delle cene quando il ventre già gonfio continua a gonfiarsi; per toccare solitudini irraggiungibili e lì ai piedi di un letto di una sedia o di una scala recitare l’addio per poterti escludere dalla mia fantasia e ricoprirti di una nuvolaglia qualunque perché la tua luce non stingesse il mio sentiero, non scompigliasse il mio cerchio oltre il quale ti rimando, tu stella involontaria, passaggio inaspettato che mi ricordi la morte. Per tutto questo io ti ho chiesto un bacio e tu complice gentile e innocente, non me lo hai dato
Ecco il primo assedio quando si vorrebbe chiudere
la finestra e resta una domanda,
un'insignificante assenza, un dubbio sottile,
uno spiffero d'aria, un leggere pericolo
nei piedi scoperti e bisogna mettersi
le calze di lana.
Fuori in realtà non c'era cambiamento
è il morbo stagionato che mi sottrae alle strade:
dentro di me è cresciuto e mi ha corrotto gli occhi
e tutti gli altri sensi: e il mondo arriva
come una citazione.
Tutto è accaduto ormai, ma io dov'ero?
Quando è avvenuta la grande distrazione?
Dove si è slegato il filo, dove si è aperto
il crepaccio, qual è il lago
che ha perso le sue acque
e mutando il paesaggio
mi scombina la strada?
L'io singolare proprio mio
A volte dolce tu mi metti a letto,
tu vuoi che io dorma. per avviarmi i sogni
mi elenchi le infinite meraviglie
di come tu saresti se tu fossi.
Il corpo era lenzuolo e si stendeva
per raccogliere il mattino tiepido e nuovo
e di nuovo nella luce mi appariva
l'avventura dei visi. Camminando
lasciavo la mia strada
per inseguire spalle curve e spalle altere.-
Quanti amori! Poi mi fermavo
a cercare la virtù dei miei pensieri.
Penso che forse a forza di pensarti
potrò dimenticarti, amore mio.
Io per guarirmi dei miei noiosi amori
ascolto i noiosissimi racconti
di altri amori.
Pur nella noia il dolore è vero,
ma per un po’ lo vedo
in queste storie simili, irreale,
e mi sottraggo al mio perché è uguale.
Pensando a questo mi pento
e mi vergogno di aver sforzato
con parole e pianti
i cuori calmi di chi mi stava intorno.
Ora capisco che è una presunzione
con abitanti di climi temperati
parlare di ghiacciai e di amazzonie.
Comments