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Il Bacio più lungo della storia

  • Immagine del redattore: Wunderkammer di Chiara
    Wunderkammer di Chiara
  • 31 mar 2020
  • Tempo di lettura: 2 min


1933, Palestina. Il diplomatico e preistorico francese René Neuville di stanza a Gerusalemme è il cancelliere in carica al consolato francese in città. La sua passione per la storia antica lo porta a visitare luoghi come grotte e caverne che celano al loro interno le ceneri di una storia ancestrale. Ed è proprio in una grotta, a Jabel Qafzeh, nei pressi della città di Nazareth, che scavando rinviene i resti di cinque persone, sepolte nel Paleolitico medio.

La sua passione per l’archeologia non lo porta solo in luoghi remoti e desueti; è risaputo che il cancelliere consolare si aggira affamato tra i musei alla ricerca di conoscenza e tesori inespressi. Ed è così che arriva a notare una statuetta in calcite in un piccolo museo nei pressi di Betlemme. Neuville ne intuisce subito il potenziale valore e approfondisce immediatamente le ricerche; incontra personalmente il beduino che l’aveva rinvenuta a Wadi Khareitoun e si fa accompagnare dallo stesso sul luogo della presunta scoperta. Nella grotta di Ain Sakhri, che darà poi il nome alla statuetta, gli scavi portano alla scoperta di un insediamento Natufian: il popolo Natouf è vissuto nell’Epipaleolitico, tra gli 11 mila e i 14 mila anni fa, nella regione mediorentale dell’odierna Cisgiordania. Viene considerata come una delle prime forme di sedentarizzazione del genere umano.

La statuetta sembra quindi avere una funzione prettamente domestica, piuttosto che funebre come invece si era stati portati a pensare in un primo momento.

Oltre alla datazione, che ne fa la più antica rappresentazione sessuale a disposizione della civiltà umana, e quindi un reperto di notevole importanza storica, l’opera ha in sé anche un valore artistico che ha attirato l’attenzione di critici e studiosi di arte antica.

Il buono stato di conservazione (nonostante la calcite sia tra i materiali classificati come meno duri della scala Mohs) ha permesso un’analisi antropologica oltre che storico-artistica dell’abbraccio rappresentato dalla statuetta. Si distinguono infatti con facilità sia gli arti inferiori che quelli superiori di entrambi gli amanti, che intrecciano i due in un abbraccio sensuale che richiama all’idea una intensa copula. Non si ha però una distinzione netta tra l’uomo e la donna.

Il tutto sembra avvolto da una folata di vento che nasce da un abbraccio. Ne emerge una natura ancestrale del rapporto amoroso che trasforma i due amanti in due piccoli feti.

La statuetta è conservata oggi al British Museum di Londra.


Sarà qualche anno dopo, nel 1917, Egon Schiele a restituirci una visione più moderna ed estremamente più romantica, complessa di un semplice abbraccio.



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